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Napoli-Inter: senza i gruppi delle curve non è il vero San Paolo

Se ce ne fosse stato bisogno, il big match pareggiato con l’Inter è stata la conferma di ciò che in molti pensano da oltre due anni. Senza i gruppi organizzati lo stadio non è più il 12° uomo.
Si era pensato diversamente durante il grande cammino iniziale del Napoli di Spalletti che al Maradona aveva sempre vinto fino al pareggio con il Verona, proprio quando i ragazzi delle curve avevano deciso di tornare ad occupare gli spazi. Ma al di là dei risultati, la partita di sabato pomeriggio con l’Inter ha confermato tutto: la spinta dello stadio di Fuorigrotta non è la stessa. Non è bastata la buona volontà di qualche gruppetto di coraggiosi che sia in Curva B che in Curva A ha fatto partire qualche coro.
L’incessante apporto non c’è stato e forse anche di questo il Napoli ha risentito nei momenti nei quali doveva chiudere la partita. Non c’è stata quella spinta che non a caso a Venezia aveva prodotto due gol nel secondo tempo proprio sotto il settore ospiti occupato dai 500 napoletani, 90 dei quali ultras della Curva A che avevano cantato incessantemente per poi abbracciare fisicamente Osimhen e Petagna dopo i gol decisivi.
La vicenda è antica e si trascina dall’autunno del 2019 quando in panchina c’era ancora Carlo Ancelotti e il Napoli arrancava soprattutto in casa. A ottobre arrivarono i primi provvedimenti (ammende pecuniarie e in alcuni casi anche Daspo) per violazioni del regolamento d’uso dell’allora San Paolo: mancato rispetto del posto anche in curva e occupazione delle scale diventavano gravi violazioni. In molti non l’hanno mai accettato. E la promessa di una “Fan Zone“, utilizzata in tanti stadi tedeschi e spagnoli, è rimasta sulla carta e nelle parole di politici e assessori.

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